Dunque il rapporto tra arte e religione è strettissimo, anche se gli uomini di religione oggi sembrano averlo dimenticato, come risulta a chiunque capiti di entrare in una chiesa che l’architettura contemporanea, rispondendo a esigenze di pura funzionalità, ha in certo qual modo del tutto desacralizzato, coinvolgendo nel processo di desacralizzazione sacerdoti e fedeli, i quali, dimenticando che il sacro non ha mai parlato la lingua degli uomini, per il bisogno di intendersi, di capire e di farsi capire, affogano in noiosissime nenie recitate in italiano, quel che di più insignificante gli uomini possono implorare.
Qui a implodere non è solo l’estetica, che già la nostra cultura ha tolto dal mondo per relegarla nei musei o in qualche ambito determinato degli ordini disciplinari, ma la stessa religione, che non è solo fede e ragione, come le dispute polemiche potrebbero indurre a credere, ma è anche e soprattutto mobilitazione degli affetti, quindi del sentimento, della sensibilità che i Greci chiamavano aísthesis, estetica.